martedì 17 dicembre 2013

O i loro guadagni o la tua vita; tu cosa pensi che abbiano scelto?

[questo articolo non tratterà di pubblicità e società in maniera canonica: la società è citata in altra maniera e in quanto alla pubblicità, beh quella è totalmente assente perché nessun telegiornale ne parla, nessuna trasmissione; la concentrazione è tutta sulle ennesime promesse per il futuro che ci vengono fatte nei comizi politici, mentre i fatti tragici che stanno già accendo restano in disparte]


C'è un settore che sta andando alla grande.
In un' Italia che tracolla sotto un'economia distrutta da politici inetti, c'è un settore che funziona.
Funziona vuol dire che: crea lavoro, assume, fa girare i soldi e ciò che conta più di tutto ha offerto un'alternativa valida al vizio del fumo.
Stiamo parlando delle sigarette elettroniche e di tutto ciò che gli gira intorno, dagli accessori ai liquidi. Un settore bene assestato che sfama numerosissime famiglie e che prevede di ridurre drasticamente i malati di cancro dovuto al fumo della sigaretta tradizionale.

 "Se tutti coloro che fumano sigarette tradizionali si mettessero a fumare sigarette senza tabacco, salveremmo almeno 30 mila vite all'anno in Italia e 500 milioni nel mondo". Umberto Veronesi è incontenibile e sulla possibilità di utilizzo dell'e-cigarette accusa il governo di "remare contro".
Cit. Umberto Veronesi - oncologo

Remare contro? Macchè! Il governo, dice, si preoccupa perché non si sa che altri mali potrebbe causare questa sigaretta; il governo ancora una volta si preoccupa per i suoi cittadini!
Così arriva il decreto per cui il proficuo mondo delle sigarette elettroniche diventa MONOPOLIO DI STATO.

DEPOSITO FISCALE, CHIUDONO TUTTI, 58.5% DI TASSAZIONE, 2 ANNI DI PRESUNTO GUADAGNO DA ANTICIPARE ALLO STATO ecc...
Paroloni che circolano e informazione SCARSA, SCARSISSIMA! Intorno all'argomento c'è davvero molta poca chiarezza, l'unica cosa certa è che questo settore si sta già avviando verso il declino: numerosi piccoli produttori hanno già chiuso, i negozi specializzati stanno abbassando le saracinesche (e vanno ad aggiungersi alle 93 attività che chiudono in Italia OGNI GIORNO), chi potrà proseguire forse tenterà di stare in piedi, ma probabilmente scapperà all'estero a offrire lavoro ad altri.
Cito parte dell' articolo "L'incertezza nuoce gravemente te e chi ti sta intorno!" che la ditta DEA Flavor, leader italiana nel settore della produzione di liquidi per sigarette elettroniche, ha pubblicato sul suo sito:

"Nel concreto lo Stato avrebbe potuto riflettere sulle prospettive economiche di un settore appena nato ma che ha già creato molti posti di lavoro, in particolare per i giovani; avrebbe potuto considerare i possibili risvolti positivi in termini di salute per i propri concittadini, nonché di tagli alla spesa pubblica; avrebbe potuto coprire l'ammanco di cui sopra aumentando la tassazione su un mercato, quello del gioco d'azzardo, incentivato e pubblicizzato nonostante le gravissime conseguenze a cui spesso conduce; avrebbe potuto, infine, accogliere le numerose sollecitazioni mosse dalle associazioni di categoria (Anafe in primis) finalizzate all'individuazione di una normativa in grado di tutelare consumatori, rivenditori, produttori nonché le casse dello Stato. La scelta del Governo, invece, è stata un'altra: l'introduzione del regime monopolistico e l'assoggettamento di tutti i prodotti riguardanti le sigarette elettroniche a una tassa pari al 58,5% del prezzo di vendita."
cit. dal sito DEA Flavor -produttori di liquidi aromatici per sigarette elettroniche

L'articolo riassume in maniera molto chiara cos'è accaduto in quest'ultimo periodo, è incalzante e si pone i giusti quesiti, vale la pena prendersi 5 minuti per capire come agisce realmente chi dice di PREOCCUPARSI PER I PROPRI CITTADINI.
La verità è che lobby farmaceutiche e del tabacco hanno più potere, anzi hanno IL potere, e con la (cattiva)salute dei cittadini ci campano... o loro o la nostra vita...beh, ovvio: LORO.



lunedì 25 novembre 2013

Domenica sì, domenica no


Sono per strada; davanti a me due anziane signore con la borsa della spesa.
Una dice all'altra in buon dialetto trentino: "A mi le me sa comode le boteghe daverte nei dì de festa..."*

L'apertura "delle botheghe nei dì de festa" è ormai da molto tempo oggetto di discussione.
Mi sono molto interessata a questo tema e fin'ora mi sono trovata davanti a 5 categorie di persone:

- lavoratori domenicali scazzati (nessuna parola avrebbe lasciato meglio intendere);
- lavoratori domenicali contenti per la paga maggiorata;
- consumatori crumiri durante la settimana che si avvalgono delle aperture domenicali;
- consumatori che le ritengono inopportune;
- consumatori che le ritengono inopportune, ma che si avvalgono delle aperture domenicali.

Prima di trarre delle conclusioni mi sono sforzata di capire le ragioni di ciascuna parte e proprio quando pensavo di essere arrivata al punto, due anziane signore mi stravolgono le idee. Non riesco proprio a capire:
cosa c'è di COMODO per due signore ANZIANE nell'apertura DOMENICALE degli alimentari?
A quanto pare i concetti del nuovo millennio "far girare l'economia" e "evoluzione del commercio" (sempre che di evoluzione si possa davvero parlare) sono già entrate a far parte della filosofia mentale di tutti, anche della vecchia generazione...

La mia conclusione momentanea?  No ghe sen.**

TRADUZIONI:
*Secondo me i negozi aperti la domenica sono comodi
** Non ci siamo

lunedì 4 novembre 2013

La parità tra i sessi comincia dalle mutande.

Diceva Luciana Littizzetto "Io vorrei conoscere di persona gli ideatori delle pubblicità degli assorbenti femminili. Secondo me sono tutti uomini. E sostanzialmente pazzi".

Quando ho visto la pagina di Tena Men su una rivista ci ho subito pensato e ammetto di essermi lasciata scappare un ghigno, prima di tutto per l'imponente boxer bianco da cui l'occhio è naturalmente attratto (bravi grafici, obiettivo raggiunto) e poi per lo slogan: "Da oggi sei libero e sicuro di te".

Poi ho recuperato la serietà:  la pubblicità rispecchia e forgia la realtà, per cui una per assorbenti maschili è qualcosa di più di una semplice pubblicità e ho cominciato a vederci un piccolo cambiamento sociale: lo slogan vuol forse dire che c'era un tempo in cui gli uomini non erano liberi e sicuri?
E ancora: durante un altro monologo la Littizzetto lamentava il fatto che nelle pubblicità le donne sono sempre "piene di sfighe" come incontinenza, pruriti intimi, problemi intestinali e altro, mentre gli uomini soffrono di sudorazione tuttalpiù dovuta a una giornata lavorativa intensa.  Ma ora ecco che una nuova verità ci viene svelata: anche gli uomini hanno problemi! In questo caso di incontinenza... (anche se a onor del vero un povero fiammifero gira in televisione da qualche mese per indicare problemi di eiaculazione precoce).

Così se da una parte abbiamo donne che, lottando per la loro indipendenza, con il passare degli anni hanno disimparato a cucinare, cucire e stirare e ogni tanto si dimenticano addirittura la ceretta, dall'altra ci sono uomini depilati che comprano creme per le rughe e utilizzano gli assorbenti.

Non spenderò altre parole a riguardo, sono piuttosto curiosa di sapere cosa ne pensate voi.


giovedì 24 ottobre 2013

Vince Fonzies.


Fare merenda non è mai stato così stressante!
Se optate per tè caldo e biscotti, fate attenzione a non ingurgitare un cartoncino zebrato.
Se preferite qualcosa di fresco concentratevi per smascherare il pinguino bianco.
Se invece siete più per il salato e gradite un pacchetto di Fonzies, munitevi di righello: non si sa mai che lo troviate "due centimetri più lungo".

Nei precedenti articoli (Coca Cola: un social media...reale e La Coca Cola è tua, ma la Nutella è mia;arrivare secondi e farlo con stile) abbiamo visto che anche in ambito di marketing esistono diverse mode, ma, come ho ribadito più volte negli stessi articoli, alla base del successo di una strategia pubblicitaria c'è la coerenza: più gli elementi che compongono una campagna pubblicitaria, come immagini, musica, testimonial, tono del messaggio e linguaggio impiegato, sono coerenti con i valori del brand e il mondo simbolico da esso creato, più alla mente dei consumatori il messaggio risulta naturale e accettabile.

Ecco perchè Fonzies è fra tutti il vincitore; vediamo brevemente questi due esempi:
1. "FONZIES XXL"
La verità è che la caccia al Fonzies più lungo è cominciata il giorno stesso in cui i Fonzies sono apparsi sugli scaffali dei supermercati. A chi non è mai capitato di condividere un sacchettino di Fonzies e dire cose del tipo "guarda questo che lungo!", oppure "questo (lungo) lo prendo io!"?
Il marchio ha quindi perfettamente sfruttato un aspetto del prodotto che era già una caratteristica distintiva dello stesso.

2. "SE NON TI LECCHI LE DITA GODI SOLO A META'"
Ecco come trasformare un proprio difetto (forse l' unico) in un punto di forza a proprio vantaggio. Sgranocchiare Fonzies per strada e non aver un pacchetto di fazzoletti o non trovarsi nelle vicinanze di una fontanella può essere alquanto sconveniente: o si passano le dita lungo la giacca (= un'altra lavatrice), o le si fa scivolare in bocca mettendo a rischio il nostro bon ton.  Poi arriva un simpatico spot e ci spiega che leccarsi le dita non solo va bene, ma è rito integrante del mangiare Fonzies, senza il quale non ci si può godere il gusto fino in fondo. 

In poche parole stiamo continuando a consumare Fonzies nello stesso identico modo in cui lo facciamo da sempre, solo che ora siamo giustificati a leccarci le dita e più agguerriti nell'aggiudicarci il Fonzies più lungo.

Se non ti lecchi le dita godi solo a metà.                             Fonzies XXL







 






lunedì 21 ottobre 2013

Pubblicità, società, ecosostenibilità

C'è una soluzione per salvaguardare l'ambiente. Ci state?
Non saranno pinguini tamarri , donne sensuali o uomini in carriera col giusto deodorante a convincervi che funziona; per una volta vi basta solo ascoltare ciò che vi viene detto senza troppe interpretazioni.
Se ci state, in fondo alla pagina troverete il link del sito e lo spot.

Fra le magnifiche pubblicità televisive che ci bombardano quotidianamente c'è anche tanta spazzatura, è il caso di dirlo, ed ecco arrivare il Salvambiente di Aldo Sutter che ricicla le regole di una pubblicità vecchio stampo: un messaggio immediato, sostenuto da un sito internet altrettanto semplice ma eloquente che ne conferma la scelta di stile.


PUBBLICITA':
Lo stile è quello di "ci metto la faccia" inaugurato da Giovanni Rana qualche anno fa.
Artigianale quanto basta per una comunicazione pubblicitaria di carattere informativo, diretta e chiara, che trascura completamente il tratto emozionale, diventato un must degli spot odierni. Considerati il tema e il prodotto, la scelta risulta accettabile e anche distintiva, ma si attendono mutamenti verso il mondo sensoriale.


SOCIETA':
Raccolta differenziata, imballaggi che indicano dove essere buttati e offerte al supermercato di prodotti sfusi stanno segnando un mutamento nella società, il cui interesse per l'ambiente sta crescendo, seppur a piccoli passi.
Il Salvambiente Sutter si inserisce perfettamente in questo contesto proponendo una soluzione semplice e decisamente migliorativa per la persona e per l'ambiente.


ECOSOSTENIBILITA':
Il prodotto si basa su argomentazioni valide e concrete per dimostrare quanto l'offerta sia vantaggiosa, come ad esempio:
- risparmio economico;
- stop al trasporto di inutili pesi;
- riduzione dell'accumulo di plastica.


SITO INTERNET: www.ilsalvambiente.it
       SPOT:                                                            




mercoledì 16 ottobre 2013

La Coca Cola è tua, ma la Nutella è mia; arrivare secondi e farlo con stile.

Anno 2020: nei supermercati i biscotti hanno i nostri nomi, le bibite ci suggeriscono nuovi nomi da dare ai futuri nascituri, i sughi ci ricordano i nomi dei nostri cari e le confezioni di carta igienica si scelgono in base al nome di qualcuno che ci ha fatto un grande torto...
La conversazione tra due persone sarà la seguente:
A:"Gurada cos'è diventato fare la spesa. Ti ricordi quando prendevi la cosa che ti serviva e la mettevi nel carrello senza preoccuparti di prenderla col nome giusto?"
B:"Sì, da quando ha cominciato la Coca Cola poi è diventato tutto così. Si è messa la Nutella e via via tutti gli altri."

Di questo parleremo oggi: arrivare secondi e farlo bene.
Con Nutella si apre un ulteriore capitolo di quella che probabilmente diventerà una nuova moda pubblicitaria.  (vedi Coca Cola: un social media...reale. )
Appena ho visto lo spot ho pensato: "Che tristezza, Ferrero ha copiato la strategia di Coca Cola", ma poi ho cercato di esaminare la questione. Se davvero questo fenomeno di "etichetizzazione" avrà un successo sufficientemente duraturo o comunque molto intenso, allora Nutella sarà ricordata come "la seconda ad essere salita sul carro delle strategie vincenti". Inevitabilmente gran parte del merito verrà riconosciuta alla Coca Cola, ma nella mente del consumatore Nutella si è appena assicurata una posizione specifica e privilegiata rispetto a tutti coloro che da qui in avanti si uniranno alla carovana; la struttura cognitiva della memoria infatti è costituita da una rete i cui nodi sono pezzi d’informazione connessi tra loro da link più o meno profondi (network associativo).
Il brand Ferrero si è quindi garantito da una parte un link diretto al "nodo Coca Cola", e dall'altra una collocazione nel processo mnemonico che le consentirà di essere ricordata in modo distintivo e non essere inserita nel club dei "tanti altri arrivati dopo...".
Lo spot inoltre è realizzato molto bene richiamando quelle che sono le costanti del messaggio inviato da Ferrero:
Nutella è per tutti;
Nutella ci accompagna nella crescita;
Nutella e famiglia.
Calcando inoltre la mano su una strategia di marketing della memoria che inevitabilmente ci fa sorridere e pensare "è vero...".

Ecco lo spot:




venerdì 11 ottobre 2013

Coca Cola: un social media...reale.



Una trovata straordinaria quella di personalizzare bottigliette e lattine con nomi e "personaggi". 
Sì, tanto banale quanto geniale. 
Dove sta la genialità?

Ora pensate a me, che studio affannosamente marketing e comunicazione e non sono una consumatrice di Coca Cola, che vado al supermercato e vedo una lattina con scritto "Irene": chi è Irene? Un' amica che trangugia litri di Coca Cola e sorride, per cui mi viene automatico pensare di comprare quella lattina e regalargliela (poi non lo faccio, per questione di principio e orgoglio...ognuno ha le proprie fisse!). 
Oppure immaginatevi una cena tra amici ai cui rispettivi posti a tavola avete associato una bottiglia di Coca Cola con il loro nome o i loro soprannomi (sempre che abbiate amici da chiamare "il genio" o "il vip" ecc...).
Ancora, ipotizzate la situazione di due neo-sposini che dietro alla macchina nuziale attaccano lattine con scritto i propri nomi o "amore".
Sì, io lo trovo kitsch.
Sì, io lo trovo assurdo.
Ma sì, io lo trovo, dal punto di vista pubblicitario, assolutamente geniale.
Soprattutto in una società moderna in cui la ricerca e l'espressione della propria identità sono diventati obiettivi primari dell'esistenza umana. (G. Fabris, La pubblicità: teorie e prassi, Franco Angeli, Milano, 1992).

La campagna di Coca Cola "Condividi una Coca Cola con..." non si esaurisce nello spot pubblicitario, bensì con esso comincia e si attua utilizzando le stesse dinamiche di socializzazione adottate dai social media, con il privilegio di offrire un'opportunità concreta.
Sfruttando due elementi quali il nome proprio e la tecnica della condivisione, Coca Cola ha dato il via a un vero e proprio social media della realtà.
Il nostro nome è da sempre qualcosa che ci caratterizza e che segna i nostri confini, le nostre proprietà. Se c'è il nostro nome, possiamo rivendicare un certo possesso; dove c'è il nostro nome ci siamo noi. I nomi finiscono per diventare una parola che riassume una specifica personalità ed è per questo che talvolta in seguito a cambiamenti o sviluppi particolari della propria persona nasce il desiderio di compiere delle modifiche al nome originale, trovare soprannomi alternativi o nomi d arte. Tramite il nostro nome comunichiamo al mondo la nostra esistenza.
Il concetto di condivisione invece, ha un' origine più recente, se lo consideriamo nel contesto attuale in cui è diventato un must, una delle necessità essenziali per l'uomo (respirare, comunicare, condividere). Lungi da me soffermarmi troppo sull'evidenziare come gran parte di questo fenomeno sia stato causato dai social media, come questi abbiano cioè creato il bisogno di far sapere al mondo e pure istantaneamente i nostri pensieri, problemi,successi ecc...quasi a credere che se nessuno commenta o almeno legge i nostri post (siano essi testi, immagini o video), forse non abbiamo veramente vissuto quella situazione o addirittura non è valsa la pena viverla (una provocazione che auspico venga smentita!)...dicevo, lungi da me dedicare più di queste quattro righe all'argomento, sottolineando piuttosto quanto la strategia di marketing assunta da Coca Cola in questa direzione sia stata azzeccata, grazie soprattutto all'assoluta coerenza che la caratterizza.
Il marchio Coca Cola infatti ha sempre costruito sulla filosofia della condivisione le sue campagne pubblicitarie ed ora, con l'avvento dei social media, è riuscita a portare il proprio messaggio ad un livello successivo facendolo intersecare perfettamente con la realtà odierna e le relative pratiche di socializzazione, come affermato poco sopra.
Mi permetto di dire inoltre quanto questa scelta sia decisamente più consona, rispetto al precedente tentativo di portare in tavola Coca Cola durante i pasti con "La ricetta della felicità": incentivare gli italiani a bere Coca Cola a pranzo e a cena è stata una mossa azzardata e un rischio non indifferente di diventare preda delle furia di alcune madri, di alcuni salutisti e di alcune madri salutiste. 

(Ecco un esempio di guerrilla marketing a testimonianza che lo spot altro non è che un punto di partenza di un progetto più grande)